La solitudine che spesso accompagna l’anziano non è quella costitutiva dell’uomo, cioè scegliere di trascorrere alcuni momenti da soli, ma è sentirsi soli, abbandonati proprio da coloro da cui ci si aspetterebbe di essere amati. E’ la solitudine di chi non sa più dialogare con il mondo, che “non è più quello di una volta”; che svuota di senso le giornate, alimentando un senso di disagio, che può sfociare in ansia e depressione.
Questo isolamento viene dalla mancanza di attività, dal trovarsi soli per lunghe ore. L’anziano soprattutto dopo la morte del coniuge, rischia di rimanere fortemente isolato da figli e nipoti, troppo distanti in termini reali o affettivi.
A ciò si aggiungono la sensazione di non essere più autosufficiente e neppure padrone di sé e dei propri atti e la paura della malattia, dell’abbandono, della dipendenza e soprattutto della morte. La paura genera aggressività, frutto di impotenza, umiliazione e bassa stima di sé. Queste reazioni sono un tentativo maldestro per far notare la propria presenza e la volontà di essere sé stessi. La solitudine non dev’essere presa alla leggera perché può avere gravi conseguenze sulla salute.
Combattere la solitudine significa prevenire la perdita di autonomia e il disagio psicologico ed emotivo.
Attento ai segnali se una persona anziana della tua famiglia sembra isolarsi ed ecco alcuni suggerimenti: chiamala regolarmente al telefono e incoraggiala a chiamarti, interessati della sua vita quotidiana, della sua salute, dei suoi passatempi e delle sue difficoltà, incoraggiala a rimanere attiva, fate un’ attività insieme o una passeggiata, fai attenzione se ti sembra che veda o senta male, può cercare di nasconderlo, porta i tuoi figli o un piccolo animale.